"La rivoluzione antispecista è la rivoluzione del terzo millennio e riassume tutte le rivoluzioni degli ultimi secoli. Le riassume e le ricomprende tutte perché contesta non specifiche discriminazioni, di genere, di razza, di posizione sociale ed economica, di età, ma l'idea stessa della discriminazione, ed estende il rifiuto delle discriminazioni a tutti gli esseri senzienti. Ammettere una ragione qualsiasi per discriminare pone a rischio qualsiasi pretesa antidiscriminatoria". V.POCAR

martedì 20 novembre 2012

Una boccata d'aria per i nostri amici!





Una nuova pronuncia della Suprema Corte ribadisce ciò che a molti potrà apparire scontato: 
è reato lasciare il proprio cane in auto, al caldo estivo e con i finestrini serrati!

Per la terza sezione della Corte di Cassazione, n. 44902 del 16.11.2012, infatti,  "integra il reato di cui all'art. 727 c.p. (abbandono di animali) la condotta del proprietario che lascia il proprio cane in auto, con i finestrini chiusi, in una giornata soleggiata e con temperatura particolarmente elevata, atteso che tale comportamento è assolutamente incompatibile con le natura dell'animale, potendo provocargli paura e sofferenza".

In effetti, l'art. 727 c.p. recita: "chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".
E' dunque legittima la sanzione dell'ammenda comminata ad una donna colpevole di aver detenuto il proprio cane "in condizioni produttive di gravi sofferenze".
L'art. 727 c.p. punisce oggi, dunque, due fattispecie: quella di chi <abbandona animali domestici> e quella di chi <detiene animali in condizioni incompatibili>. 
Si tratta, però purtroppo, di fattispecie che rimangono collocate nell'ambito delle <<Contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi>> che, come tali consentono al reo l'estinzione del reato mediante oblazione, così svilendo la forza deterrente del precetto penale.
A ciò si aggiunga che la norma, per la configurabilità del reato, richiede non solo la detenzione in condizioni incompatibili, bensì  che tale detenzione (di per sè già deprecabile in quanto incompatibile con la natura dell'animale) sia produttiva di  <sofferenze> per l'animale, nonchè, che tali sofferenze siano <gravi>!
Pare agevole, comprendere allora, quanto gli spazi di tutela per i nostri amici animali possano considerevolmente ridursi se si analizzano nel dettaglio le singole norme.
Per fortuna, però, l'opera di interpretazione evolutiva della magistatura - più attenta ai mutamenti della società, sempre più sensibile nei confronti degli animali - apre spazi inediti, rintracciando nelle disposizioni del codici ambiti nuovi e maggiormente garanti del benessere degli animali.

Non è certo la prima volta, infatti, che il Supremo Collegio si occupa di <abbandono> di animali. 
Si deve alla giurisprudenza, per esempio, l'aver riconosciuto che la sofferenza vada intesa come "sofferenza psichica" e non solo fisica. (Cass. 2774/2006) 
Un'altra sentenza - abbastanza recente e fondamentale per allargare le maglie dell'illegalità a danno degli animali - è la n. 18892/2011 mediante la quale gli ermellini* hanno sancito un altro importante principio: "la nozione di abbandono di animali è da intendersi non solo come precisa volontà di abbandonare definitivamente l'animale, ma anche come il non prendersene più cura, ben consapevoli dell'incapacità dell'animale di non poter più provvedere a sé stesso come quando era affidato alle cure del proprio padrone. Il concetto di abbandono, come delineato dall'art. 727 c.p., implica semplicemente quella trascuratezza o disinteresse che rappresentano una delle variabili possibili in aggiunta al distacco volontario vero e proprio (nella specie, la Corte ha confermato la condanna per abbandono di animali al proprietario di un cane, trovato in condizioni di totale denutrizione e malato, non condividendo la tesi difensiva secondo cui l'animale si sarebbe perso durante una battuta di caccia, atteso che mancava una denuncia di smarrimento da parte del padrone del cane)".


La speranza è che si prosegua in questa direzione e, soprattutto, che siano sempre più numerose le persone pronte a non voltarsi dall'altra parte e a denunciare i casi di maltrattamento e abbandono di animali, permettendo alla magistratura di interrogarsi con sempre maggiore frequenza sulla questione dei diritti degli animali! 


* con l'augurio che la prossima decisione dei Supremi Giudici conduca all'abbandono delle loro crudeli ed anacronistiche pellicce di ermellino...

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